Uscito in libreria “Se Auschwitz è nulla” di Donatella Di Cesare

auschwitz_birkenauIl negazionismo è una bruttura quasi pari a quella del nazismo nella sua massima espansione. Milioni di persone, che a breve ricorderemo come ogni anno nella “Giornata della Memoria”. Essa coincide con il 27 gennaio perché quella fu la data nel quale il campo di sterminio di Auschwitz venne liberato. Ed è da lì che la filosofa Donatella di Cesare riparte con “Se Auschwitz è nulla”, cercando di analizzare cosa vogliono e chi sono i negazionisti.

Spesso per molte persone la guerra ed il genocidio della popolazione di religione ebraica, di omosessuali, di zingari sono concetti lontani. Molti non coltivano la memoria, dando spazio (talvolta anche inconsapevolmente) a “rigurgiti” di odio e xenofobia e soprattutto a chi tenta di negare il sangue versato da Hitler con il suo sporco gioco allo sterminio.

Nel libro la scrittrice si chiede chi siano davvero i negazionisti, e perché negano l’esistenza delle camere a gas e dei forni crematori adducendo l’ipotesi del complotto. Da dove nasce tutto questo odio per persone che di male non hanno fatto nulla? Nel volume “Se Auschwitz è nulla. Contro il negazionismo”, la Di Cesare offre una riflessione molto importante sul fenomeno, partendo dalla politica e dalla filosofia.

Sia nel nostro paese che a livello internazionale, dove i negazionisti hanno potuto costruire il loro impianto di bugie e falsità e impiantarlo (purtroppo) nella mente di alcune persone approfittando degli strumenti che la tecnologia mette loro a disposizione ed utilizzando come strumento per “sfondare” le menti, le principali problematiche politiche dei nostri tempi.

Si può accettare il negazionismo come “una opinione”? La risposta è negativa, soprattutto perché, la storia ci insegna, gli eventi tendono a ripetersi ciclicamente nel tempo. Non si può lasciare che il negazionismo prenda piede e ripeta nel futuro le brutture del passato. La chiave di tutto sta nell’informare, nella maniera più asettica e diretta possibile. Ripartendo, come suggerisce la scrittrice, proprio dal simbolo dell’orrore più atroce perpetrato da una mente umana.

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