Il professore, di Charlotte Bronte: recensione

Va detto immediatamente: non è così scontato amare “Il professore” anche se si amano alla follia Charlotte Bronte e la sua Jane Eyre. Questo perché in qualche modo ed a prescindere dalla data di pubblicazione, ad uscire fuori è l’anima più “rompiscatole” dell’autrice.

Intendiamoci, da questa parte dello schermo c’è un amore per la suddetta istitutrice romantica dell’800 che varca davvero ogni confine, sia in edizione normale che completa. E per quanto affetto vi sia per lo stile di scrittura e la sagacia della scrittrice in Jane Eyre, passa quasi mezzo romanzo prima che si smetta di offendere mentalmente Charlotte Bronte chiedendosi se abbia scritto questo libro con i piedi. Non si mette in dubbio che la pubblicazione postuma possa avere a che fare qualcosa con tutto ciò, ma non si riesce a non rimanere inizialmente delusi quando si inizia a leggere “Il Professore” proprio perché si sa quanto questa autrice romantica sia stata in grado di fare bene.

In questo caso il protagonista è maschile, ma ciò non toglie al lettore l’opportunità di comprendere quanto di Charlotte Bronte e del suo modo di pensare vi sia anche all’interno dell’integerrimo e giovane Sig. Crimsworth. Bisogna semplicemente avere pazienza, e non essere dei cattolici che si offendono facilmente. L’autrice infatti non fa assolutamente mistero del suo pensiero per la categoria.  Tralasciando ciò, e superata la prima metà del libro si cominciano man mano a ritrovare la scrittura piacevole della Bronte e la lettura scorre tranquilla fino alla fine dove quasi si vorrebbe, poi, qualche pagina di più.

 

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