Misery, di Stephen King

Parlare di Misery, in riferimento a Stephen King, per ciò che mi concerne è come parlare del gioiello nascosto in un bauletto. Tu sai che c’è, ma non hai bisogno di vederlo o averlo costantemente sotto gli occhi per ricordartene. Per me questo romanzo è esattamente questo. Probabilmente uno dei suoi scritti migliori ed il punto di partenza, è ovvio, per tutte le sue storie che “possiedono” uno scrittore al loro interno.

SI tratta di uno dei primi romanzi di King e come tale possiede al suo interno tutto ciò che serve ad un romanzo dell’orrore per essere considerato spaventoso anche senza elementi soprannaturali. La principale protagonista è ovviamente Annie, la psicopatica che di fatto rapisce il proprio scrittore preferito, Paul Sheldon, perché ha osato “uccidere” Misery, la sua eroina preferita. Io ho sempre trova to un collegamento ideale tra questo libro e “La metà oscura” anche se in quest’ultimo a morire era in realtà uno “pseudonimo” magicamente diventato reale.

L’accanimento con il quale la donna trattiene lo scrittore e lo obbliga a suon di pillole e violenze a riscrivere  la vita di Misery, è l’elemento che rende questa storia credibile. Quanti di noi hanno mai pensato di voler vedere un film o una storia scritta in tutt’altro modo rispetto alla realtà. Certo, nessuno ha mai pensato di prendere lo scrittore e obbligarlo con la violenza, ma la perdita del “personaggio” preferito è una sensazione che tutti abbiamo provato e che colloca quindi il romanzo in un contesto reale.

Il personaggio di Paul, per quanto vittima, non lo trovo poi così positivo: non ho mai accettato il fatto che poi pubblicasse il manoscritto stilato sotto l’egida della donna, sebbene completamente pazza. Una curiosità in merito al libro: esso essenzialmente riflette, in Annie, la condizione di tossicodipendente che per un periodo Stephen King ha vissuto.

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