La metà oscura, di Stephen King

La metà oscura è stato l’unico libro di Stepheng King in grado di spaventarmi. Ogni volta che l’ho riletto ( ed a conti fatti saremo arrivati negli anni almeno a 7-8 volte). Scritto da nostro autore in risposta all’outing effettuato quando ha deciso di rinunciare allo pseudonimo di Richard Bachman, questo libro è in grado di penetrare a fondo nella mente del lettore, portandolo a pensare al suo lato più oscuro e violento. E non perché particolarmente cruento, ma per la sua semplicità.

Tralasciando il fatto che può essere inserito nella serie di romanzi di quello che definirei il “ciclo di Castle Rock” ( rincontreremo lo sceriffo Alan Pangborn, uno dei protagonisti in Cose preziose, n.d.r.) questo romanzo scava in maniera approfondita nella mente umana e non mi stupirebbe venire a sapere che al suo interno Stephen King abbia riversato le sue paure più recondite.

La storia di per sé è molto semplice: Thad Beumont, che per anni ha scritto sotto lo pseudonimo di George Stark decide di mettere fine alla vita del suo alter ego, con tanto di funerale per quest’ultimo. Ma come reagireste se vi dicessi che George, non contento di essere morto si è alzato dalla sua tomba per vendicarsi di tutti coloro che lo hanno condotto ad una prematura fine.

Ciò che rende questo libro uno dei migliori di Stephen King a mio parere non è solo la fine analisi psicologica che viene fatta dei personaggi, ma una deliziosa commistione tra vita e morte, realtà e sovrannaturale pensata a puntino che consente di creare, con gli psicopompi, collegamenti addirittura con la storia de “Il Corvo”. Il lettore riesce per un momento, mentre legge, a credere davvero che l’impossibile sia possibile.

E si tratta di un processo improvviso, che spaventa ed emoziona. E “La metà oscura” è proprio questo: un ottovolante di emozioni. Che diventano reali pagina dopo pagina.

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