L’uomo in fuga, di Stephen King

Torniamo a parlare del Richard Bachman insito in Stephen King attraverso una delle sue opere più riuscite: L’uomo in fuga. Al pari de “La lunga marcia” fa parte di quel filone dello scrittore statunitense legato in qualche modo ad un futuro incerto e quasi ipertecnologico nel quale l’essere umano perde la maggior parte delle sue libertà e si trova a dover combattere per vivere. Centro di tutto? La televisione anche in questo caso.

Siamo infatti in un mondo dove tutto viene controllato dalle televisione ed i giochi che la stessa presenta per intrattenere vengono totalmente plasmati sulla “pelle” delle persone. Sulla loro sopravvivenza.  Si parla di un 1984 di George Orwell in qualche modo più tenue ma al contempo più radicato e più invalidante la libertà delle persone.

Il lavoro manca  e l’unica maniera per sospravvivere è prostituirsi o partecipare ai giochi: per evitare che la moglie continui a vendere il proprio corpo, il protagonista della nostra storia decide di partecipare ad uno dei giochi più remunerati, L’uomo in Fuga. Inutile dirvi che grazie ad una preparazione atletica ed una mente fuori dal comune l’uomo diventa il recordman del gioco, con risvolti che non vi svelerò per non rovinarvi la sorpresa.

E’ uno dei libri, a mio parere, più scorrevoli e riusciti di Stephen King. Molto crudo e violento in alcune parti, è in grado di creare tra il protagonista una istantanea e notevole empatia. E questo si rivela essere uno dei maggiori punti di forza della storia. E’ impossibile non lasciarsi coinvolgere dal travaglio interiore dell’uomo, soprattutto quando scopre di essere stato truffato in maniera davvero orrenda dall’emittente televisiva.

L’uomo avrà il suo riscatto, è vero, ma il lettore sarà destinato a rimanere con l’amaro in bocca a causa di un finale davvero inatteso, ma in un certo senso imprescindibile dalla storia se si pensa alla maniera di scrivere di Bachman ed ai suoi finali sospesi…

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