Gli occhi del drago, di Stephen King

Gli occhi del drago: uno dei libri di Stephen King tra i più strani. Non per il modo nel quale è scritto, dato che, bontà sua, è forse uno di quelli più impeccabili se parliamo di prosa nel senso stretto della parola, per ciò che riguarda stile e correttezza. E’ però molto particolare perché dà spazio ad un personaggio molto importante nel corso della carriera del Re: Randall Flagg.

Lo abbiamo visto ne “L’ombra dello scorpione” e ne “La torre nera” come forse ben ricorderete. In questo caso il personaggio segue ne più ne meno quello che il suo normale comportamento in tutte le storie di King: è il cattivo della situazione, colui che approfitta delle debolezze della gente “per portare a casa il proprio risultato”.

In questo caso a farne le spese è prima Re Roland, ed in seguito (in due modi differenti l’uno rispetto all’altro) i suoi due figli Peter e Thomas. Quest’ultimo infatti, più debole e meno coraggioso rispetto al fratello viene circuito dal mago oscuro e costretto con l’inganno a rinchiudere il fratello maggiore e diretto erede al trono in una torre.

Ovviamente alla fine di tutto, sebbene faccia in tempo a fuggire, Randall Flagg viene mascherato e con lui tutte le sue malefatte. Essenzialmente questo racconto focalizza il suo intreccio sull’importanza delle relazioni tra parenti ed amici, condendo il tutto con quel pizzico di fantasy ed horror che a Stephen King riesce bene di infilare  nelle sue creazioni.

Si tratta di uno dei suoi racconti mitologici, che spiana la strada in più di un modo alla saga della Torre nera, la quale in questo romanzo viene in qualche modo accennata non solo da alcune piccole frasi che direttamente portano al concetto, ma dallo stesso utilizzo di determinati nomi e di determinati personaggi all’interno della storia. Un libro da leggere, nonostante tutto, perché molto piacevole e scorrevole.

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