Chick lit italiana: Libri e Bit intervista Maria Silvia Avanzato

Maria Silvia Avanzato ha pubblicato con la casa editrice Arpanet, nella collana Chick Cult, il romanzo Granturco su Foglia di the, storia della prosperosa Iris, stilista alle prese con esilaranti avventure nel mondo della moda. Libri e Bit ha curiosato nei suoi progetti futuri, nell’idea che si è fatta dei romanzi rosa italiani e nella sua passione per la lettura.

L&B: Come mai il tuo esordio narrativo è un romanzo “chick”? Sei un’appassionata del genere o era una storia che, indipendentemente dai tuoi gusti, premeva per essere narrata?
M. S. Avanzato: Ratafià per l’Assassino (Forme Libere, 2010) è il mio vero primogenito, si tratta di un giallo per ragazzi. Granturco su Foglia di the è stato subito successivo e ho voluto lasciargli addosso un’impronta dell’intento che avevo perseguito nel primo lavoro: toni semplici e ironici, senza età, capaci di accostarsi a un pubblico vasto.

Certo, sono due prodotti finali molto diversi e nel caso di Granturco tutto è rigorosamente narrato sotto una lente d’ingrandimento rosa. Non ho una cultura chick, ho letto poco in materia, ma amo le storie che sanno strappare sorrisi e credo che se ne senta il bisogno. La natura femminile, poi , è diabolica per definizione.

Così, come nel corso del più consueto caffè fra amiche, fra le pagine di Granturco scorre tutto quel sano “parlare e sparlare” di quello che, alla fine, è realmente uno dei nostri massimi crucci: la comprensione, almeno parziale, dell’altro sesso. I nostri rapporti con loro. Il nostro spontaneo stimolo a ridere di loro. O a ridere per sdrammatizzare, consapevoli che loro metteranno lo stesso fervore e la stessa animosità in una conversazione “fra maschi”… riguardante il calcio.


L&B I lettori sicuramente si chiedono se i personaggi del tuo romanzo sono completamente frutto di fantasia o se ti sei ispirata ad amici e conoscenti.
M. S. Avanzato: Se mettiamo da parte gli stilisti un po’eccentrici, si può dire che ognuno dei personaggi è costruito attorno a qualcuno di realmente esistente. In modo particolare la chilometrica lista degli ex fidanzati della protagonista. Si tratta infatti di un variopinto collage di esperienze personali e di “pettegolezzi di passaggio”.

Spesso mi sono ispirata agli aneddoti più curiosi che ho sentito raccontare dalle mie conoscenti in questi anni, creando una vera e propria galleria degli orrori: dal fidanzatino che lascia la sua bella mettendole la Bibbia in mano, a quello che nasconde un inquietante segreto ai piedi delle scale di casa sua…

E se Iris mi riflette per la sua tendenza ad essere paranoica, utopicamente romantica e testarda, la sua antagonista Dolly mi ricorda un’amica di tanti anni fa. La parte da leone spetta invece a Matteo “l’impossibile amore di tutta una vita”. Sì, ho anche quello, da qualche parte. Come ognuna di noi.

L&B Quali sono secondo te le differenze tra la chick lit straniera e quella italiana?
M. S. Avanzato: Posso dire che la chick lit all’italiana, difesa e diffusa da Arpanet, ha un preciso scopo: parlare di donne legate al mondo dell’arte e della cultura, regalare spaccati comici delle loro traversie amorose e del loro universo. In questo modo affiora tutto il colore locale. Lo stesso Granturco è ambientato in buona parte in una rigogliosa campagna toscana.

Sono storie di casa nostra, non vogliono scimmiottare le chicks americane, né improntarsi meramente alla moda o alle tendenze. Chick Cult di Arpanet è la prima collana editoriale in Italia ad aver accantonato lo stereotipo frivolo e lezioso delle chicks d’importazione.

E’ la riprova che la pollastrella italiana è una ragazza in gamba, non priva di insicurezze, ma autoironica e stoicamente romantica. Tuttavia non si tende a ridurre le protagoniste femminili ad automi animati dalla superficiale esigenza di farsi piantare un brillante al dito o dalla compulsiva tendenza a cambiare scarpe. Le chicks di Chick Cult sono innanzitutto ragazze che amano, che sognano, che fanno ridere, che ridono di sé, restando ben arpionate alla propria cultura e alla cultura in generale.

L&B: C’è spazio, dopo il boom di I love shopping, per un ulteriore rinnovamento del genere rosa?
M. S. Avanzato: Il rosa si rinnova raccontando la verità. A differenza di molti altri generi letterari dove una sana bugia crea suspense, si tramuta in un alibi o stupisce con un finale d’effetto, il rosa ha bisogno di essere vero. Deve sapersi accostare all’orecchio della donna che ti legge, qualunque sia la sua età o il suo trascorso, lasciandole un sorriso o la sensazione di “aver pensato la stessa cosa”, “aver detto la stessa frase”, “essersi sentita allo stesso modo” almeno una volta.

Il rosa è confidenza, malizia, ironia, batticuore: tutto ciò che orbita attorno ai grattacapi di cuore, alle nostre storie. Le autrici stesse ridono di pagina in pagina, così da trasmettere alla lettrice il piccolo incantesimo dello stesso sorriso, durante la lettura.

Dopo I love shopping, tutto ciò che ritengo sia fondamentale per le autrici, è aggirare il pericolo dei cloni. Troppe volte abbiamo assistito all’uscita di un best seller seguito da una marea di pubblicazioni minori, replicanti e già lette.

Le lettrici di rosa meritano di meglio: piccole storie diverse e speciali, piccole verità ogni volta imprevedibili e nuove. Vere, soprattutto. Unico sotterfugio ammesso in un romanzo rosa? Il lieto fine quasi assicurato. Di quello, d’altronde, abbiamo tutte un disperato bisogno.

L&B: Come è stato lavorare con la Arpanet che, sebbene ormai abbastanza conosciuta, si colloca nella fascia dei così detti “piccoli” editori?
M. S. Avanzato: Arpanet è una piccola casa editrice che lavora in grande e questo è il suo punto di forza. Cura con la massima attenzione tutto ciò che riguarda la pubblicizzazione dei testi, è all’avanguardia e non teme le sfide. E’ decisamente “rosa”, non solo per la forte componente femminile interna alla redazione, ma per il gusto e lo stile col quale cura le proprie scelte.

Dalle copertine (a cura della bravissima Francesca Fasoli) fino alle locations designate per le presentazioni: ogni libro è frutto di un lavoro attento e accurato, ogni iniziativa è coraggiosa e attenta alle mode. Sul piano personale, ho con questi editori milanesi uno splendido rapporto che rende la nostra collaborazione informale e serena, propositiva e stimolante. Insomma, è la culla perfetta per le autrici chick e la casa editrice più adatta alle lettrici estimatrici dello stesso genere.

L&B: Sei una lettrice tradizionale o hai cominciato anche tu a leggere eBook? Che ne pensi dell’editoria digitale?
M. S. Avanzato: Non me ne vogliano gli amanti dei “bit”, ma diffido dal digitale. I più remoti ricordi che ho in materia di lettura mi riportano a un’estate di tanti anni fa: avevo scovato un libro nella soffitta della casa di campagna e andai a leggerlo sotto una quercia, con le maniche corte e una mela in caso di appetito. Ricordo ancora l’odore di carta antica, la copertina sbrindellata, i caratteri minuscoli. E sono per queste sensazioni, tuttora.

Non riesco a leggere a monitor, nemmeno i romanzi che scrivo io! Stampo tutto ciò che mi è richiesto di leggere, spesso stampo persino le email di lavoro che mi arrivano, specie se sono lunghe o voglio fare qualche annotazione a bordo pagina (sì, con la Bic, avete capito bene). Il libro è contatto, è un’esperienza tattile, ti segue in un viaggio in treno, si lascia cullare dalla tua borsa, fa la guardia dal comodino, schiude le pagine in un punto preciso ogni volta che lo abbandoni e, quando lo riapri, è come se ti strizzasse l’occhio, ti ha aspettato. L’eBook riduce i costi, ma non può competere con l’orecchia a fondo pagina, il segno tangibile di una lettura che ti segue e muta con te.

L&B: Stai lavorando ad un nuovo romanzo? Puoi anticiparci qualcosa?
M. S. Avanzato: Difficilmente mi prendo periodi di respiro. Lavoro sempre a un nuovo romanzo. Eravamo nel 2011 da soli tredici giorni, quando ho ricevuto la prima bella notizia dell’anno nuovo: il mio romanzo L’età dei lupi ha ottenuto il consenso da parte della casa editrice Voras.

Si tratta di un romanzo di formazione, vicissitudini di una adolescente cresciuta negli anni ’90, a pane e Spice Girls. Nel mezzo, fluiscono i primi amori, la scoperta della sessualità, il rapporto con la famiglia. Insomma, vale il solito principio: scrivere per un pubblico vasto e senza età, in modo schietto e immediato. Recente è la notizia della pubblicazione di Cipriavaniglia. Si tratta di un romanzo scritto a quattro mani con Gaia Conventi, autrice di gialli e grande amica. Sarà pubblicato da Damster e in vendita a partire da maggio 2011.

E’ un noir a tinte fosche, di ambientazione storica. Insomma, non amo legarmi a un solo genere letterario e chi mi legge lo sa. Naturalmente ho appena scritto “fine” in appendice a un noir piuttosto cattivo, ma potrei decidere domani stesso di scrivere il seguito di Granturco su Foglia di The: il bisogno di ridere è sottocutaneo, l’autrice fatica a sbarazzarsene, c’è sempre bisogno di scrivere a cuore aperto, senza orpelli. Bisogno di ridere, soprattutto.

L&B: Ci lasci con due o tre titoli, tradizionali e non, che secondo te non dovrebbero mancare nelle nostre librerie?
M. S. Avanzato: Cercando di essere essenziale e dispensare un pensiero per tutti i tipi di lettore. Canne al vento di Grazia Deledda, perché è il libro che lessi sotto la quercia, quella famosa volta, il mio libro preferito: folklore, magia e grandi amori nostalgici sullo sfondo di una Sardegna indomita e arcana. Poi Yasunari Kawabata con La casa delle belle addormentate, una “favola” metaforica sul tema dell’amore e della morte, della repressione dei sensi e della memoria. Ho trovato irresistibile La leggenda di Redenta Tiria di Salvatore Niffoi, per l’amore che nutro (non so perché) da sempre verso la Sardegna e le sue leggende. Tropico del cancro di Henry Miller è un po’ più bello ogni volta che lo rileggo.
La campana di vetro di Sylvia Plath è l’ideale per chi è in cerca di risposte. Fra i contemporanei mi hanno colpito L’abisso di Giancluca Morozzi (Fernandel) per la simpatia tutta bolognese, I Cariolanti di Sacha Naspini (Elliot) perché è ruvido e feroce, La valle dell’orco di Umberto Matino (Foschi) perché immerge in nebbiose atmosfere di luoghi dimenticati e Pozzoromolo di L. R. Carrino (Meridiano Zero), perché è una freccia tesa e punta dritta al cuore. Mi avevate chiesto solo due o tre titoli ma, come avrete intuito, io scrivo e… leggo molto.

Lascia un commento