La confessione, di Enzo Ghinazzi: recensione

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Oggi, per la recensione del libro “La confessione” di Enzo Ghinazzi, dovrete accettare un termine che penso userò spesso per definire questo libro: bipolare. Ci ho riflettuto molto prima di iniziare a leggerlo e sono stata tentata di riflettere molto prima di proporvi la mia recensione, perché la trovo essenzialmente un opera dalle due facce.

Partiamo da un presupposto: Pupo come romanziere alla fine non è niente male. Forse un po’ scontato visto che il finale l’ho previsto quasi per intero da metà libro, se non prima se vogliamo calcolare a parte il “volere” del suo protagonista rispetto ai dettagli. Quel che non è andato secondo me è come al solito l’editing del libro. O i correttori di bozze sono andati in pensione tutti quanti, o al loro posto hanno messo delle persone che scusate se lo dico, non hanno né la conoscenza dell’italiano, né quella della sua punteggiatura. Mi son ritrovata in alcuni capitoli a darmi da sola la giusta punteggiatura per cogliere il significato reale delle frasi.

Non voglio poi credere che sia solo un problema della versione elettronica, altrimenti è necessario organizzare al più presto una protesta molto forte: insomma, l’ebook lo paghiamo, ed il prodotto deve essere di qualità. Detto questo, quando dico che “La confessione” è bipolare, non mi riferisco solo alla storia ed al suo editing, ma anche allo stile scelto da Ghinazzi. Un capitolo appare lento e poco comprensibile, quello successivo ti prende e spesso viene troncato. Una totale contrapposizione di tutto. Ed è un peccato, perché sebbene attinga a man bassa dalla sua vita personale ed è palese, affronta anche dei temi niente male. Specialmente quando parla del mondo dello spettacolo e della televisione, fa un ritratto “reale” della realtà, senza mezze misure né peli sulla lingua. Ed è un vero peccato che con molta probabilità questo sarà uno dei passaggi del libro che nessuno ricorderà. Se lo consiglio? La risposta è positiva nonostante tutto.

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