Il canto ferito di Alda Merini

Il canto ferito - Alda MeriniIl mio rapporto con Alda Merini è conflittuale. Ne sono sempre stata affascinata, da quando cominciai a sentirne parlare in televisione. Era così diversa dall’idea di poetesse e poeti che mi ero fatta a scuola. Era una donna vera, che ad alcuni piaceva ad altri no. Ero molto perplessa dal disordine che regnava nella sua casa, dall’aria trasandata e sporca che il suo mondo emanava.

La prima volta che acquistai una raccolta delle sue poesie non riuscivo ad andare avanti. Leggerle mi costava fatica e non perché non mi piacessero, ma perché mi ritiravo turbata dai suoi versi. Sentivo che qualcosa dentro di me esplodeva, cambiava. Mi sentivo turbata e pensavo dipendesse dalla vita che la Merini aveva avuto, dal suo passato in clinica psichiatrica che trovavo oltremodo doloroso.

Ho capito solo molti anni dopo che la mia ritrosia dipendeva dai cambiamenti che le sue poesie generavano in me. Era come avvicinarsi a qualcuno in fiamme ed essere avvinta per un attimo dallo stesso fuoco. Forse è questo un grande valore della poesia: consentirci di attraversare un luogo dell’anima che ci spaventa, ma sapendo che qualcuno ci è già passato prima di noi e che possiamo seguirne le tracce, perdendoci senza però smarrirci definitivamente.

Come ho recentemente scoperto, la Merini a volte dettava le sue poesie per telefono e la sua produzione è vastissima e, sembra, non tutta all’altezza delle sue capacità. Recentemente mi sono però ritrovata tra le mani una raccolta allegata al Corriere della sera, dove ho letto appunto la storia delle poesie dettate.

Oltre ai versi, sono presenti numerosi scritti della poetessa, da cui ho tratto la citazione che trovate al termine del post e una interessante introduzione a cura della poetessa Vivian Lamarque. La raccolta, che mi appare ben curata, anche se non sono un’esperta, mi sembra che abbia il pregio di farci entrare in contatto con una Merini più vera e al di fuori di una iconografia santificante che, certo, l’ha resa famosa, ma anche più lontana da noi.

Tutti quei riflettori (non sempre rispettosi), tutte quelle luci perennemente accese su di lei da un lato hanno permesso alla sua poesia di raggiungere migliaia di non addetti ai lavori poetici, e all’affetto del pubblico di raggiungere lei, che di crediti ne aveva non pochi; dall’altro, trasformando maldestramente in poesie e libretti ogni sua parola, hanno inquinato il campo e accresciuto la già malcelata diffidenza degli intellettuali nei suoi confronti: ogni animale all’incontro con una specie anche leggermente diversa arretra di un passo, diffida (dall’introduzione di Vivian Lamarque).

Il poeta è quasi sempre lurido. É povero per vocazione. É povero perché questo gli consente di essere libero: il poeta è un dissidente, ma è anche un grande amatore. Un giorno, per via di questa vocazione amorosa, contattai un tizio (sarebbe meglio dire che contattai un uomo). Non era bello, e pareva schiacciato da una sorta di cattiveria: la cattiveria di colui che ha subito del male e non se ne vuole disfare ma lo tiene dentro per masticarlo e per divorarlo giorno dopo giorno. C’è gente che rumina il dolore e che ne fa la propria prigione e il proprio deciso sentimento di vita.

Autore: Alda Merini
Titolo: Il canto ferito
Introduzione: Vivian Lamarque
Curatore: Nicola Crocetti
Editore: Corriere della sera
Anno: 2012
Prezzo: € 7,90

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