La vita degli scrittori

Sto leggendo una biografia di Carver, che recensirò tra qualche giorno, che mi ha fatto molto riflettere sulla vita degli scrittori. Molti pensano che scrivere sia solo questione di esercizio e di buona conoscenza della propria lingua madre.

In realtà lo scrittore vive a volte esistenze parallele: i personaggi che prendono corpo nei romanzi e nei racconti, immaginari o reali che siano, popolano testa e cuore di chi scrive per lungo tempo. Sono con lui costantemente e mentre il nostro sta lavorando magari ad una catena di montaggio, ecco che gli viene in mente un dettaglio, un particolare, una parola da aggiungere ad uno dei capitoli.


Detta così sembra una caratteristica romantica, invece credo sia molto faticosa. Soprattutto per chi gli sta accanto. In qualche modo stare con uno scrittore dev’essere come stare con uno scienziato: bisogna rassegnarsi a dividerlo con le sue passioni.

Con l’aggravante degli sbalzi d’umore, delle passioni vissute sempre intensamente. Anche le scrittrici e gli scrittori che hanno avuto una vita fisicamente limitata, sotto i punti di vista più disparati, come ad esempio Leopardi, sono stati in grado di raccontarci di amore e passione.

Ecco, magari chi è stato poi davvero sposato, ci ha raccontato anche il resto, il come va a finire e allora le passioni sono venute un po’ meno. Scherzi a parte, non tutti i romanzieri hanno questa ricchezza emotiva, empatica, questa vita mentale e delle proprie fantasie che quasi sfugge al loro controllo.

Devo però ammettere, che quando ho sentito alcuni autori parlare del proprio lavoro come di un lavoro d’ufficio (mi alzo, scrivo dieci pagine, poi esco a comprare il pane, faccio ginnastica e scrivo altre dieci pagine) e sono andata a leggere le loro opere, non mi hanno proprio conquistata. Dite che mi sono fatta condizionare da questo romantico pregiudizio? Voi cosa ne pensate?

Photo Credits | Tjook su Flickr

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