Recensione di Mr. Gwyn, di Alessandro Baricco

Mr GwynMr. Gwyn per me è l’emblema dello scrittore: la sua discrezione, lo spirito sfuggente e misterioso, uno struggimento interiore che si rovescia nelle pagine dei romanzi attirando lettori curiosi e critici letterari fantasiosi, tutti pronti a interpretare ogni parola traendo conclusioni annodate e complesse. Alessandro Baricco, “calzolaio delle parole”, si diverte così a tracciare il ritratto di uno scrittore geniale che, stufo di scrivere romanzi, si improvvisa copista. Mr. Jasper Gwyn, scrittore di professione e abitante della bella e frenetica Londra, sceglie di abbandonare la sua attività e lasciarsi trasportare dall’arte figurativa per reinventarsi ritrattista. I suoi ferri del mestiere non saranno pennelli e tele, ma carta e penna che userà per aiutare chi gli siede davanti a “tornare a casa” e ritrovare se stesso.

Lo scrittore inizierà a dedicarsi alla sua nuova attività solo guidato dall’istinto e dal suo obiettivo, dimenticando così ogni aspettativa e scadenza editoriale. Ad accompagnare lo scrittore nella sua originale impresa vi saranno pochi, ma fondamentali, personaggi: da Tom, editor e unico amico del celebre scrittore, e Rebecca, fidata assistente e anch’essa, anima sperduta alla ricerca di se stessa e stracciata da amori sbagliati e passioni pure.

Il volume, edito da Feltrinelli e pubblicato lo scorso anno, è un romanzo di poche pagine, una brevità tipica dello scrittore che spesso ha dimostrato di voler intrattenere il proprio pubblico con intrecci semplici narrati ad arte. Mr. Gwyn, come Baricco, è un esteta delle parole: sceglie con cura ogni particolare mimando il linguaggio dei protagonisti che popolano le sue storie, donando un po’ di se ogni volta lungo le frasi che compongono il volume e colmare di poesia piccoli paragrafi scelti.

Tra la pagine di Mr. Gwyn spunta anche il romanzo Tre volte all’alba, ultima fatica di Baricco, probabilmente già in scrittura durante la redazione della storia dello scrittore. Una storia da leggere, soprattutto se, come me, si coltiva un’idea precisa e una curiosità insaziabile sulla vita degli scrittori.

 

 

 

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