Recensione di Stabat Mater, Tiziano Scarpa

Vincitore del Premio Strega 2009, Stabat Mater, romanzo di Tiziano Scarpa celebra l’arte musicale, grande passione dello scrittore. Attraverso la musica e un grande personaggio della storia artistica italiana, Tiziano Scarpa racconterà la storia di Cecilia, orfana lasciata alle cure delle suore dell’Ospedale della Pietà di Venezia, orfanotrofio della bella città veneta e domicilio, fin dalla nascita, della giovane donna. La solitudine, e un crescente senso di non appartenenza, covano dentro il petto di Cecilia un forte odio per la madre, una donna sconosciuta, alla quale la ragazzina scrive segretamente ogni sera: “Voi non mi avete partorita facendomi uscire dal vostro corpo, ma infilandomi in questo edificio”. I giorni dentro l’orfanotrofio scorrono uguali, tutti scanditi dal talento musicale della giovane, scoperto in tenerà età, coltivato giorno dopo giorno e affinato attraverso le corde di un violino, strumento musicale e insieme voce dell’adolescente.Attraverso la musica, dettata da un vecchio prete dell’orfanotrofio e della chiesa cittadina, Cecilia proverà ad esprimere se stessa e a ribellarsi al destino al quale, senza poter scegliere, è stata indirizzata ossia quello di attendere che la madre torni per salvarla e riportarla a casa o che, scelta da un facoltoso signore, la ragazzina possa trovare marito e vivere finalmente una vita come quella di tutte le suo coetanee.

Cecilia infatti non ha volto e non ha corpo, neanche per se stessa. A nessuno è permesso ammirare il suo viso e il suo aspetto da ragazzina, neanche a chi frequenta la chiesa della città che ogni domenica accorre per sentire suonare le orfane dell’Ospedale. E’ attraverso la musica che Cecilia sa di vivere: “Per sentirmi dentro di me, per avere sentore concreto del mio corpo, sono ridotta a immaginare che gli altri mi immaginano”. Cecilia è così cittadina di un mondo senza volto e senza nome, un universo che inizierà a prendere forma solo all’arrivo di un nuovo maestro di musica, Antonio. Antonio Vivaldi.

 [Photo Credits IlFoglio]

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