Vittime per sempre di Barbara Benedetelli

E’ uscito per la Aliberti editore il volume Vittime per sempre, della giornalista e autrice televisiva Barbara Benedettelli.

In genere quando leggo la parola vittime faccio un passo indietro: temo sempre di ritrovarmi di fronte libri o trasmissioni televisive o articoli che offrono uno sguardo di finta pietà sulle storie che raccontano e puntano invece ad attirare lettori e spettatori con dettagli macabri o primissimi piani decisamente irrispettosi delle persone.

Non è però il caso di questo libro, che si avvale anche della preziosa prefazione di Rita dalla Chiesa. In Vittime per sempre, Barbara Benedettelli ci conduce in una severa riflessione sull’attenzione che lo stato riserva da un lato alle Vittime, comprendendo con questo termine anche la famiglia delle persone uccise, e dall’altro agli assassini.

L’autrice non fa mai il gioco facile del linciaggio. Cerca invece di approfondire, in maniera comprensibile a tutti, il discorso della giustizia. Riporta storie che conosciamo tramite la cronaca, i commenti dei familiari delle vittime (espressione cui cercherà di dare un nuovo significato), quelli degli esperti e una serie di note sulla legislazione italiana.

Una riflessione più che attuale visto che il numero di omicidi in Italia è impressionante (per non parlare delle donne uccise negli ultimi mesi), visto che finalmente si comincia a parlare dei familiari delle vittime come vittime essi stessi. Un discorso che interessa tutti, un libro da leggere e da discutere insieme, perché per come stanno le cose adesso siamo tutti vittime potenziali.

Riporto dal sito della Aliberti:

Che cos’è questa inaccettabile ingiustizia di cui lei parla?
«È la tendenza a sollevare il colpevole da ogni responsabilità per quello che ha commesso. Una tendenza premiante che, applicata con gli automatismi del codice penale, non consente all’autore di un delitto, nemmeno di capire bene che cosa ha fatto, di quale atto gravissimo si è macchiato, togliendo la vita ad un’altra persona. Dobbiamo smettere di alleviare le pene dei carnefici e di abbandonare al loro destino i familiari delle vittime».

Come dire, una giustizia ingiusta…
«Vede, in questo libro emerge che gran parte dei delitti sono dovuti alla debolezza della legge o della magistratura. Perché le legge lascia troppe possibilità di scelta. Prendiamo Mario Alessi uno dei rapitori del piccolo Tommy. Era già stato condannato per violenza sessuale, stupro e sequestro. Ma era libero, in attesa del terzo grado di giudizio, quando ha compiuto quell’orribile nuovo gesto. Ciò significa una cosa sola: che nel nostro ordinamento la libertà, anche di persone manifestamente violente e socialmente pericolose, è messa al di sopra della vita degli altri».

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