Le 120 giornate di Sodoma, del Marchese De Sade

La prossima persona che incontro che mi indica il Marchese De Sade come uno scrittore erotico, beh, si beccherà davvero una bella risata. Devo avvertire i lettori, il tema è forte, ma la recensione è sicuramente sentita da parte mia. Le 120 giornate di Sodoma, dell’autore sopra citato, è forse la sua opera più conosciuta insieme a Justine: può essere etichettato come una lista di abominii.. non come un romanzo erotico.

Correggetemi se sbaglio: io considero erotico un libro che riesce a scaldarmi, a creare in qualche modo dell’eccitazione in me. Dico sempre che Twilight è una saga erotica. Perché in grado di creare aspettativa, eccitazione, partecipazione. Anche non dicendo una parola di sesso. Qui al contrario in De Sade, pur essendo tutto sesso, non vi è eccitazione per nulla.

Anzi se devo essere sincera, una buona dose di ribrezzo. Ora, a livello stilistico al Marchese de Sade non si può dire nulla. Era in grado di scrivere ed anche bene, sebbene la scelta delle parole lasciasse un poco a desiderare talvolta. Ma va capito, il tema ed i tempi erano quelli che erano. E questo nonostante dei periodi molto lunghi ed una propensione alla punteggiatura non molto sviluppata.

Per ciò che riguarda la trama parliamo di quattro libertini, uno più crudele dell’altro, che si rinchiudono dentro un castello isolato con altre 42 persone.  Per mettere in pratica le maggiori nefandezze possibili. E se sui quattro mesi di narrazione uno solo è sviluppato a livello di romanzo, posso assicurare che gli appunti dei mesi restanti mettono a dura prova stomaci davvero forti. Non vi è una perversione che non viene affrontata.

Ma il problema non è nemmeno quello: chi si avvicina ad un libro di De Sade sa cosa deve aspettarsi. E’ il modo, il punto di vista: per quasi tutto il libro si ha l’impressione di leggere una lista della spesa al quale al posto degli alimenti vi sono nefandezze.

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