Histoire d’O di Pauline Reage: recensione

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Abbiamo parlato a lungo dell’autrice del libro nei giorni scorsi. Partirò quindi direttamente con la recensione di Histoire d’O, sottolineando per dovere di cronaca che arriva dopo una seconda rilettura avvenuta a diversi anni di distanza dal primo approccio al romanzo.

E fatemelo dire, sarà l’età che avanza e con questa tutto ciò che la stessa comporta, ma ho trovato il romanzo un tantino deludente rispetto a ciò che ricordavo. Intendiamoci: rispetto alle altre cose sadomaso che ho letto (leggi Marchese de Sade) qui siamo davvero su un’altro livello. Parliamo di un testo interessante e coinvolgente, anche se non quanto ricordavo, in realtà. Insomma, inizia a diventare interessante intorno alla metà del romanzo e non dal punto di vista erotico, il che è inaccettabile per il tipo di letteratura di cui stiamo parlando.  Che il fulmine non mi colga, ma ho avuto quasi la stessa impressione che ho archiviato (con le dovute differenze) quando ho letto “Cinquanta sfumature di Rosso” di E.L. James. Leggere un libro del genere intorno ai venti anni e rileggerlo dopo dieci anni evidentemente fa questo effetto.

Vogliamo parlare di maggiore innocenza? Chissà. Eppure sono rimasta fortemente delusa. Il finale poi meriterebbe tutta una dissertazione a parte. Fermo restando che la scrittrice ha partorito anche “Ritorno a Roissy“, e mi rendo conto che prima di aver letto anche quello non vale davvero la pena dar vita ad una biblioteca itinerante per trovare giustificazione dell’unico finale che per quanto cretino ho trovato accettabile. Insomma, le due righe spese per i due ipotetici finali di Histoire d’O potevano anche essere risparmiate. Senza ombra di dubbio.  Quel che posso dire, tentando di essere meno femminista possibile, è che la motivazione di O per accettare tutto questo per colpa dell’amore… è un’autentica baggianata. Il BDSM ci insegna che la persona ricerca il piacere in modi anche molto particolari.  E questo basta. Non vedo un possibile messaggio morale del suo comportamento, e non ci vedo soprattutto una motivazione.

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