A volte ritorno, di John Niven: recensione

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Il bello di essere una lettrice vorace che riesce a ritagliarsi qualche ora di tempo durante la sera ed i weekend consiste nel riuscire a leggere davvero tanti libri. E credetemi, non rimpiangerò mai di aver letto “A volte ritorno” di John Niven. Esilarante, un tantino pieno di parolacce ma diamine, anche quelle ogni tanto possono non guastare.

Certo, forse evitarne alcune sarebbe stato meglio, ma insomma: non si può volere tutto dalla vita. Immaginate il ritorno di Gesù Cristo sulla terra, inviato da Dio a tentare di sistemare il casino che gli uomini hanno compiuto nel corso dei secoli. Insomma, uno non si può nemmeno allontanare nel Rinascimento per andare a fare una pescata, che la stirpe umana rivoluziona il tutto, portando allo sfacelo il pianeta tra genocidi, preti che molestano i bambini e migliaia di altre storture. E’ per questo che un Dio “incredulo” manda sulla terra nuovamente suo figlio. Che per farsi “notare” ha solo una chitarra che sa suonare (ovvio) divinamente.

Devo essere sincera? Inconsciamente mi ha riportato un po’ alla tipologia di messaggio di Jesus Christ Superstar: anche quella è un opera particolare (magari meno oscena in quanto a linguaggio, N.d.R.) ma che è nata per dare un messaggio intriso di religione in modo un tantino diverso dal normale. Il bello di questo libro non è solo come è scritto e l’ironia che lo contraddistingue, ma il messaggio che rimane dopo che uno lo ha letto. Perché alla fine, e non prendetemi per pazza, da in qualche modo un buon messaggio di quella che è la religione cristiana, quando spogliata di tutte le storture di cui l’uomo l’ha riempita in ogni modo e senso. Anche e soprattutto nei palazzi clericali.

Se siete alla ricerca di una lettura al contempo seria e frivola, questo è il libro giusto. E non fossilizzatevi sulle parolacce, mi raccomando.

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