Libri di storie vere: vi piacciono?

waris dirie fiore desertoTemo che i miei primi libri di storie vere, quelli che poi mi hanno condotta dritta dritta a leggere, Fiore del deserto, la biografia della modella Waris Dirie, edizioni Garzanti, siano state le storie dei santi. Lo so, oggi molti sostengono che alcuni dettagli in certe agiografie siano stati, come dire, amplificati, un po’ ritoccati. Per me, però, che ero una ragazzina curiosa erano tutte vere.

Perciò leggevo attratta e inorridita storie di donne a cui veniva strappato il seno, uomini torturati, infilzati, messi a testa in giù, bambini morenti felici di morire perché stavano per incontrare Dio e via dicendo.

Non vorrei urtare la sensibilità di nessuno, quindi vi spiego subito che non mi interessa discutere la veridicità dei racconti, ma la capacità che avevano e hanno tutt’ora di attrarre la nostra attenzione.

Torniamo dunque a noi. Mi rendevo conto che leggere simili biografie mi procurava dolore e spavento più che leggere i romanzi, anche i più terribili. Eppure avevo come la sensazione che fosse un dolore giusto, legittimo, perché in qualche modo condividevo (avevo l’illusione di condividere) la vita di queste persone. Mi sembrava anche di emendarmi. Insomma, ero stata così fortunata che dovevo espiare anche se solo in minima parte la mia colpa. Facciamo ora un salto di vent’anni.

Un bel giorno ho letto Fiore del deserto e ne sono rimasta sconvolta. Non ero una ragazzina, ma una giovane donna e questo libro mi ha aperto gli occhi sulla condizione di molte ragazze. Al senso di colpa, però, si andava sostituendo la voglia di capirne di più, di conoscere meglio le altre culture e la condizione della donna in altri paesi.

Così ho cominciato a comprare volumi che raccontavano le storie vere di donne arabe, cinesi, giapponesi, americane. Ad un certo punto, però, ho smesso. Mi stavo rendendo conto che c’è un confine molto sottile tra il voler conoscere per imparare e il voler rimestare sempre negli stessi argomenti senza mai muoversi di un passo.

Credo scattino in noi , quando leggiamo queste biografie, gli stessi meccanismi che vengono messi in moto da certi telegiornali e programmi del primo pomeriggio: una ricerca ossessiva del dettaglio orrido e violento.

Non posso fare a meno di chiedermi se esiste per ognuno di noi un limite oltre il quale non è giusto andare. Non credo che questo genere di libri serva a molto se non riesce a smuoverci dal nostro divano per fare qualcosa oltre al pensare che a noi per fortuna è andata meglio. Mi date il vostro parere?

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