Fiabe classiche, stereotipi femminili e un laboratorio di story telling

Ecco un tema che mi sta a cuore: gli stereotipi femminili nelle fiabe classiche. Certamente parliamo di favole scritte decenni o a volte secoli fa dunque rispecchiavano quella che era la situazione del tempo: la donna viveva in casa, doveva occuparsi della numerosa prole, se lavorava era per non morire di fame e non certo per realizzarsi come persona o per inseguire un sogno.

Allora perché siamo ancora qui a parlarne? Perché quelle favole ci sono state raccontate quando eravamo bambine e noi le raccontiamo ai nostri figli. Perpetuiamo un’idea del femminile che va a radicarsi non solo nella coscienza delle donne di domani, ma anche in quella dei loro futuri compagni o colleghi. Un esempio?

Recentemente mi è capitato di vedere Rapunzel, la versione riveduta e corretta della famosa fiaba. Sono stata felice di scoprire un personaggio femminile coraggioso, atletico, indipendente. Era andato quasi tutto bene, ma nel finale si sente un dialogo tra i due protagonisti. Lui sostiene che si sono sposati dopo che Rapunzel gli ha fatto la proposta. Lei lo rimbrotta e lui ammette: va bene, dopo che io le ho chiesto di sposarmi.

Sarete curiosi di sapere che c’è chi ha pensato di realizzare un laboratorio di story telling proprio sul tema. L’associazione Hecate, in collaborazione con l’associazione Donne Pensanti, promuove a Bologna, da aprile a giugno, una serie di incontri settimanali in cui verranno analizzate e riscritte le favole più famose. I componimenti delle partecipanti verranno poi raccolti per una pubblicazione e rappresentati a teatro.

L’iniziativa si intitola Le mie scarpette rosse:

Tutte queste favole possono anche rappresentare una metafora dell’imposizione di un modello di Donna che rinuncia a sé, che perde le scarpette rosse che, se pur con semplici stracci, si era fabbricata da sola, perché erano le sue scarpette. E’ la metafora delle rinunce che molte Donne fanno per uniformarsi a un modello di Donna che le ritrae belle, disponibili e vendibili: dunque merce.

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