Dire Fare l’amore: con Inachis-Io tra umorismo e sesso

“Dire Fare l’amore- Racconti Post erotici”: si tratta di una raccolta di racconti erotici scritti da Inachis-io. Ancora una volta un fenomeno del Web sbarca nella letteratura tradizionale, anche se per autoproduzione. Con l’unica differenza che, trattandosi di temi ben diversi da soli affrontati, l’autore non ottiene la stessa pubblicità in passato riservata a favore di altri.

Una raccolta di racconti ben scritti ed organizzati, che hanno soprattutto un pregio: quello di non essere una semplice accozzaglia di parole che descrivono atti sessuali, ma una vera e propria creazione di situazioni nelle quali chiunque può arrivare a riconoscersi.

Basta scorrere lo sguardo sul blog per capire come l’autore sia in grado al contempo  di dare una regolare e fantasiosa dose di fantasie ai suoi lettori, e contemporaneamente non prendersi sul serio, spaziando in maniera estrema dalla satira al racconto erotico vero e proprio, senza inoltre che si notino grandi differenze di prosa e di stile. Il libro è composto da racconti che sono espliciti ma non volgari e che rappresentano espressione di una sensualità mai banale e permeata di sentimenti.

Ciò che appare evidente, anche scartabellando un pochino il materiale presente sul blog è che l’autore, pur essendo un uomo,è in grado di immedesimarsi bene nella psicologia di una donna e quindi rendere il suo punto di vista sull’atto stesso credibile ed interessante.

La cosa più bella di un libro come “Dire fare l’amore” è la capacità che ha di coinvolgere il lettore appassionandolo e facendo in modo tale che si senta realmente coinvolto. Tornando al luogo dove tutto è nato, ovvero il blog, è assolutamente esilarante leggere l’approccio che Inachis-Io ha con l’etimologia stessa delle parole e di come si diverte a spiegarla ai propri lettori. Com’è ovvio che fosse, la maggiore dissertazione riguarda il nome degli organi riproduttivi ed i loro sinonimi. Citiamo brevemente da un suo post:

È come uno slalom semantico, un percorso a ostacoli tra allegorie e allusioni. Prendiamo per esempio l’attributo maschile (ecco, già siamo in difficoltà: si potrà mai parlare di «attributo»?): lo chiamiamo «cazzo», d’accordo. «Cazzo» è sdoganato, popolare, telegenico. Però è anche irrimediabilmente volgare, non ce n’è. Specie detto da un uomo, fa grezzo.

Ed ancora:

E se non è «cazzo»? Dico «pene»: corretto, proprio, anatomico, ma freddo come un dizionario. La «sindrome del pene» è quella che porta poi a usare tutte le declinazioni da anatomia comparata: prepuzio, glande, testicoli, scroto. Raffreddante, non c’è dubbio. Come se mentre fai l’amore con la tua donna ti comparissero nella stanza Devoto Oli e Dr. House in camice.

Insomma il genere è chiaro. È impossibile quindi, aspettarsi poco, al momento dell’acquisto del libro: una semplice naturale selezione del lavoro di questo straordinario artista.

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