Acciaio di Silvia Avallone è divenuto un film

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Una storia molto particolare, a tratti avvincente ed a tratti dura da digerire. “Acciaio” di Silvia Avallone non è un libro facile da leggere. Ma è scritto bene ed è stato vincitore, tra l’altro, del Premio Campiello del 2010. Il romanzo è stato trasformato in film per volontà di Carlo Degli Esposti e della Palomar grazie al regista Stefano Mordini. Il risultato, presentato, a Venezia non è da buttare, nonostante tutto.

Il film ancora non ha raggiunto le sale, e sarà curioso scoprire quale sarà la reazione delle persone e soprattutto di coloro che quel libro lo hanno letto ed amato.  Qui sorge un piccolo problema, o meglio, si presenterà sicuramente in futuro: quello che era il quadro complesso di relazioni, storie e collegamenti nel volume, viene a mancare in modo molto forte nella trasposizione cinematografica. Per ovvi motivi tecnici e di comprensione del film, diversi personaggi sono stati tagliati, chiedendo addirittura l’aiuto della Avallone.

Tagliati soprattutto nell’essenza, sono diventati quasi del tutto dei personaggi abbastanza vuoti rispetto alla caratterizzazione messa in atto dalla scrittrice in “Acciaio“, così piena e totale, da far capire immediatamente come nel suo romanzo siano le “colpe dei padri a ricadere sui figli”. E come se si fosse voluto abbandonare quel messaggio di necessaria rinascita che deve colpire anche la compagine adulta.

Il film appare focalizzato sui personaggi di Anna ed Alessio, i due fratelli, e su Piombino, con le sue ambientazioni ed i suoi colori. Su quest’ultimo fattore la pellicola rispetta appieno l’intento del libro. All’interno del film (problemi morali?) sembrano mancare tutti quei particolari morbosi e sconvolgenti del rapporto tra le due amiche. Insomma, si sarebbe potuto fare un lavoro migliore. Il libro, che possa piacere o meno, è innegabile che caratterizzi molto bene ogni personaggio ed ogni situazione. Sarebbe stato bello assistere ad una trasposizione più libera economicamente e moralmente: bisogna accontentarsi. E magari, per chi non lo ha ancora fatto, leggere il romanzo.

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