Recensione de “Il tribunale delle anime” di Donato Carrisi

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Il tribunale delle anime” di Donato Carrisi ha confermato le impressioni nate in me dopo la conoscenza letteraria che ho fatto dei suoi libri: è uno scrittore che ha stile e che per quanto possa all’apparenza sembrare “ripetitivo” nei concetti è un grande nell’analisi dei suoi personaggi.

Se avete avuto ad esempio, come è successo a me, la possibilità di leggere “L’ipotesi del male” vi sarete senza dubbio resi conto di quanto ogni luce ed ombra delle proprie creature sia importante per Donato Carrisi. Non sono d’accordo su chi lo definisce il “Dan Brown” all’italiana. E non solo perché di quest’ultimo alla sottoscritta è piaciuto solo “Inferno”, l’ultimo romanzo. Ma perchè mi sembra che Carrisi abbia uno stile tutto suo nel quale si muove in modo decisamente più sciolto e convincente rispetto a Brown. Poi se si vuole fare un confronto per una sorta di “aura” esoterica che le ambientazioni richiamano, forse un compromesso lo possiamo trovare.

Quello che mi ha colpito, anche questa volta, è stata l’assoluta facilità di lettura di questo genere di libro rispetto ai miei gusti personali. E’ pur vero che questo anno mi sono sforzata in modo maggiore di leggere anche opere che non rientravano personalmente nelle mie corde e la mia velocità nella lettura mi ha aiutato, ma insomma, non era un risultato così scontato che questo volume potesse piacermi.

La trama è ben pensata e calibrata. La scomparsa si una ragazza, i particolari misteriosi della vita dei due protagonisti e la capacità di giocare sull’animo dei propri personaggi rendono Donato Carrisi grandioso nel giocare con la narrazione e con noi lettori mettendoci ancora una volta davanti all’eterna lotta tra bene e male. Roma poi rappresenta in questo caso l’ambientazione perfetta, irrinunciabile quasi per le potenzialità che regala. E’ un libro che vi consiglio caldamente, adatto ad essere letto praticamente in qualsiasi momento.

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