La legge del sognatore di Daniel Pennac, recensione

La legge del sognatore” di Daniel Pennac è senza dubbio una buona notizia per coloro che amano questo scrittore, anche se è possibile immaginare che un ipotetico seguito de “Il caso Malaussène” sarebbe forse stato più gradito.

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Un viaggio di onirica esperienza

Quando si tratta di giudicare la penna di Daniel Pennac ad ogni modo, essere suoi estimatori o meno non importa: quello di cui si è perfettamente coscienti è che si tratta di un autore che sa quello che vuole dire e che sa come scriverlo. Uno dei pochi autori a questo mondo che rappresenta una certezza in fatto di qualità a prescindere dalla storia che vuole raccontare. “La legge del sognatore” in qualche modo conferma questo assunto: non si può dire di trovarsi davanti ad un brutto libro.

Forse non semplice da capire o catalogare per tutti. Parliamo di una storia che è un romanzo/racconto breve di 100 pagine e che non ha uno sviluppo classico o lineare: per questo motivo quindi potrebbe risultare un po’ ostico rispetto al normale.  Qualcuno lo potrebbe definire un esercizio di stile e potrebbe avere ragione: in fin dei conti è un omaggio ad un regista come Federico Fellini, che sul sogno ha basato un’intera carriera.

Stile di Pennac fulcro di tutto

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Daniel Pennac, ne “La legge del sognatore” entra in un contesto che è difficile da seguire a livello tecnico, ma è fattibile a livello pratico perché c’è il suo stile di scrittura, la capacità che ha di tenere insieme tutto con un uso importante delle parole.

Si tratta di uno dei punti di forza di Daniel Pennac che in questo caso lavora come ago e filo con una “stoffa” fatta di realtà e sogno, muovendosi con chiarezza in un racconto che unisce molte anime differenti. E’ un libro scritto bene? Senza dubbio. Lo scrittore non è in grado probabilmente di sbagliare totalmente una narrazione e una volta che si ha questo libro in mano ci si trova davanti ad una lettura essenzialmente piacevole, che non risulta banale e che in diversi punti diverte.

Il vero problema, forse l’unico de “La legge del sognatore di Pennac”? il fatto che la sua estetica confusione non riesce propriamente a segnare un solco nell’animo del lettore come altri romanzi da lui scritti hanno fatto. E non si tratta di qualcosa collegabile al fatto che si tratti di un libro breve rispetto ad altri ma più che altro al modo in cui il tema del sogno è stato affrontato.

Lo stile di Daniel Pennac è conosciuto e questo ultimo libro non se ne discosta: ma in qualche modo quel che viene detto non è sufficiente a conquistare come in passato.

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