I Vendicatori, di Stephen King: recensione

Se avete voglia di leggere Stephen King ed avete voglia di partire da una delle sue opere più “strane”, almeno a parere di chi vi scrive, beh, non  dovete fare altro che recuperar e una copia de “I vendicatori” ed iniziare con la lettura. Sarà davvero un mondo strano quello che si aprirà a voi. E non solo perché i personaggi al suo interno vi sembreranno tanto famigliari.

Inutile girarci attorno, parliamo del libro gemello di Desperation. Solo che se possibile qui la pazzia visionaria di King, espressa sotto lo pseudonimo di Richard Bachman, è ancora più sottile e pungente. E’ uno di quei volumi che o ti prende subito o il ripetersi la frase che l’inglese Coleridge ripeteva sempre, sulla necessitò di sospendere l’incredulità per un momento mentre si legge, è totalmente inutile.

Si tratta probabilmente di uno dei libri dalla storia più “assurda” ma contemporaneamente più horror e spaventosa che il  Re potesse concepire. E non basandosi sulla caratterizzazione dei personaggi, che non appare nè migliore né peggiore rispetto alla sua media standard, ma sui particolari del luogo nel quale l’intera tragedia prende vita.

In fin dei conti parliamo di una strada, tout court. Una buona strada di un quartiere bene che improvvisamente passa dalla quiete più pura al caos più totale. Dove sangue e distruzione portate avanti da “cartoni animati” mettono a dura prova la psiche dei personaggi. Ed anche di chi legge. Il ritmo infatti è estremamente serrato, fin da subito, ed il lettore non ha modo di perdersi in fantasie. Se si è dei lettori navigati,  “I vendicatori”  è il classico libro che si finisce in un paio d’ore.

Non rientra tra i più noti dello scrittore, sebbene a mio parere abbia prodotto delle vere e proprie perle con il suo pseudonimo, molto di più di alcune storie che lasciano davvero il tempo che trovano come “L’Incendiaria”. Fatto sta che se deciderete di cimentarvi nella lettura, non ne rimarrete delusi. Forse un po’ straniti, ma non delusi.

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