Harry Potter ed il prigioniero di Azkaban: recensione

Harry Potter ed il prigioniero di Azkaban è il terzo libro della saga di J.K. Rowling sulle avventure dello straordinario maghetto in lotta contro il mago più oscuro di tutti tempi. In questo volume sempre di più la scrittrice conferma ciò che aveva iniziato a dimostrare nei capitoli precedenti: una storia per bambini può crescere.

Ed un autore, anche se involontariamente, può modificare il suo stile di prosa al fine di risultare più chiaro e leggibile.

Per ciò che riguarda la scrittrice inglese questo significa anche l’abbandonare del tutto il linguaggio da fiaba per bambini, proponendo  il tutto in una forma forse leggermente più asettica, ma decisamente più congeniale alla storia che si è man mano andata delineandosi. In questo libro Harry Potter si trova a dover fronteggiare forse uno dei suoi problemi più grandi: la morte dei suoi genitori.

Come ormai si sa, essi sono periti nel tentativo di salvare il piccolo bambino dalla furia omicida di Voldemort. Ciò che Harry non conosce è il fatto di aver un padrino, una figura alla quale i maghi “affidano”  letteralmente il proprio figlio nel caso loro succeda qualcosa. Il giovane mago scoprirà solo alla fine del volume che il suo,  Sirius Black da tutti ritenuto una delle principali cause della morte dei suoi genitori perché pensato traditore del segreto che li guardava, è realtà innocente. E’ lui il prigioniero di Azkaban.  Il vero colpevole va infatti ricercato in Crosta, il topo Ron, in realtà un animagus. Questi ultimi sono dei maghi  che possono trasformarsi in animali a loro piacimento.

Nel corso della storia, oltre alla nascita della capacità di Harry di combattere i dissennatori grazie agli insegnamenti del professor Lupin,  vi sono numerosi tentativi di intervento di Sirius all’interno della vita scolastica di Harry, tutti rivolti a salvaguardarlo dalla figura di Crosta, in realtà Peter Minus, ex amico dei suoi genitori e collaboratore di Voldemort.

Sebbene il giovane mago ed i suoi amici scoprano l’innocenza di Sirius e l’inganno del mangiamorte, il tentativo di far rivalutare la figura del mago viene dissipata da uno spregevole intervento del professor Piton e dal ministro della magia.

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