I figli di Húrin, di J.R.R. Tolkien: il lato oscuro della Terra di mezzo

I figli di Húrin, di J.R.R. Tolkien, edito da Bompiani (anche in versione eBook), è un romanzo pubblicato postumo e curato, come tutte le opere di Tolkien, da suo figlio Christopher. La storia si volge circa seimila e cinquecento anni prima che Frodo accettasse di portare con sé l’anello: Morgoth, uno dei Valar, gli dei che esistevano prima del mondo, stringe uomini ed elfi in un clima di terrore e di violenza.

Túrin, erede del coraggioso Húrin, imprigionato da Morgoth che ha scagliato su lui e la sua famiglia una tremenda maledizione, si ritrova a dover lasciare la propria casa ancora bambino, per la propria sicurezza, separandosi da sua madre Morwen, incinta della piccola Niënor.

Túrin, accolto dagli elfi, crescerà forte, coraggioso e superiore a tutti gli altri uomini, ma non potrà sottrarsi al proprio destino e alla maledizione di Morgoth, che si abbatterà inesorabilmente anche su sua sorella. Non vi dico di più della trama, solo qualche considerazione sul clima del romanzo.

Ne I figli di Húrin non troverete lo sguardo ampio e l’ampio respiro de Il signore degli anelli: Tolkien ha come puntato una lente di ingrandimento in un punto preciso del suo straordinario mondo, facendo in modo che ci sia possibile osservarlo da molto vicino.

Seguendo le avventure di Túrin continueremo a cercare un barlume di speranza, una via di fuga, che ci verranno puntualmente sottratte ogni volta che sembrano finalmente raggiunti. Non ho potuto fare a meno di pensare, leggendolo, al mito di Sisifo, condannato a ripetere in eterno una vana fatica.

Solo che alla fine Sisifo assume su di sé il proprio destino, mentre Túrin cercherà di emanciparsene e di sfuggirgli fino all’ultimo. In qualche modo, rileggendo Il Signore degli anelli, dopo aver letto questo romanzo, saremo più consci di tutte le piccole battaglie combattute e perse per arrivare alla vittoria finale.

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