Mondadori Young Adults, Libri e Bit intervista Rossella Rasulo

Libri e Bit intervista oggi Rossella Rasulo, autrice per Mondadori del romanzo Young Adults Ti voglio vivere. Abbiamo parlato della narrativa per giovani, di sesso, dei suoi nuovi progetti e persino, ospiti su Sposalicious, del suo matrimonio.

L&B: Lo scorso anno hai pubblicato con Mondadori Ti voglio vivere, dedicato ad una fascia di lettori adolescenti. Come è stato accolto?
R.R.: E’ stato accolto molto bene sia dagli adolescenti che dagli adulti. Non mi aspettavo niente del genere. Quando mi chiesero di scrivere un romanzo per ragazzi iniziai a lavorarci immaginando le reazioni di una lettrice quindicenne. Non avevo calcolato la possibile immedesimazione dei trentenni o dei quarantenni. Siamo stati tutti adolescenti, giusto?

L&B: I tuoi lettori ti contattano tramite il blog o i social network. Quali sono le domande più frequenti che ti rivolgono?
R.R.: Le domande più frequenti sono due: come si fa a pubblicare con una grande casa editrice e quando scriverò il seguito di Ti Voglio Vivere.

L&B: Negli ultimi anni, sta crescendo in Italia l’interesse verso i romanzi destinati a lettori giovani e giovanissimi. Credi ci sia spazio in questo genere di narrazione per comunicare con i ragazzi su temi importanti, senza naturalmente essere pedanti?
R.R.: Lo spazio c’è sempre. La cosa più difficile è trovare il linguaggio giusto e degli argomenti interessanti da agganciare ai temi più importanti che da soli non catturerebbero l’attenzione del lettore.

L&B: Pur essendo, come dire, di una certa età leggi anche tu narrativa Young Adults o ti è capitato di leggerne per prepararti alla stesura del romanzo?
R.R.: Non è un genere che leggo abitualmente, ma in vista di Ti Voglio Vivere ho fatto parecchie eccezioni.

L&B: Mi dai due o tre titoli che ti hanno particolarmente colpita?
R.R.: Il primo libro della categoria a farmi una buona impressione fu “Harry Potter e la pietra filosofale”. Se invece parliamo di libri che non prevedono alcuna deriva fantasy allora trovo che quelli di Francesco Gungui (“Mi piaci così” o “L’importante è adesso”) abbiano tutte le carte in regola per essere amati dal pubblico a cui si rivolgono.

L&B: Credi che l’editoria digitale farà breccia tra i giovanissimi invogliandoli a leggere?
R.R.: Non ne ho idea. Un libro resta sempre un libro. Non è il supporto sul quale lo si legge a renderlo più interessante.

L&B: Che tipo di lettrice sei? Hai un eReader e nel caso quali sono gli eBook che ti sono piaciuti di più?
R.R.: Leggo solo su carta. Ogni documento più lungo di dieci pagine non riesco comunque a leggerlo su un monitor. Lo trovo molto scomodo.

L&B: Conosci i diritti del lettore di Pennac? Cosa ne pensi sia come scrittrice che come lettrice?
R.R.: Non li ho ancora imparati a memoria ma ci siamo quasi. Penso che la lettura, come la scrittura, sia un fatto privato. Abbiamo tutto il diritto di fare quello che vogliamo con le pagine che abbiamo davanti. Trovo che il più grande problema di alcuni lettori in realtà sia un altro: leggere per darsi un tono piuttosto che farlo per passione.

L&B: Stai lavorando ad un nuovo romanzo? Di cosa parla e quando esce?
R.R.: Sì, sto lavorando a un nuovo romanzo ma è top secret. Scherzo, non è top secret, ma non posso dire ancora nulla a riguardo. Potrebbe uscire prima di Natale.

L&B: Non puoi neanche svelarci se sarà per giovanissimi o per lettori over trenta?
R.R.: Farà parte della stessa collana, la Shout, in cui è uscito Ti Voglio Vivere. Cambia la storia ma non il pubblico a cui si rivolge.

L&B: Teniamo per ultime le domande un po’ hard (si fa per dire). Ho trovato divertente la sezione del tuo blog Let’s talk about sex. Più divertente di tutto però è lo spiazzamento che il lettore prova nel passare da Ti voglio vivere alle disquisizioni sul sesso. Forse noi lettori siamo incapaci di accettare che lo scrittore sia una persona con varie sfaccettature e non lo scrivano mono tematico cui tendiamo ad affezionarci?
R.R.: Nel mio caso ho scritto molto più di sesso che di storie tra adolescenti. Sul mio blog ne ho parlato varie volte e per tre anni ne ho portato avanti un altro in cui parlavo solo di sensazioni legate al sesso. Erano “tentativi di racconti erotici” in cui provavo con pochissime parole a descrivere quello che ci lega all’altra persona quando si tratta di sesso.

Un lettore in genere si affeziona a una sola sfaccettatura di uno scrittore, ma nel mio caso, vista la mia “provenienza”, credo di avere due pubblici diversi. Uno legato alla Rossella blogger e uno legato alla Rossella scrittrice esordiente che parla di diciottenni.

L&B: Considerata l’ignoranza di molte donne in materia di sesso (ci sono quelle di cui racconti tu, ma ne conosco tante anche io) non ti viene voglia di scrivere un romanzo di formazione che riguardi l’eros? Magari potrebbero cadere un po’ di tabù.
R.R.: C’è un problema di fondo legato a un progetto del genere. Si rischia di farlo diventare un manuale e i manuali non sono così interessanti. Certo, si potrebbe spiegare tutto tramite una storia, ma anche lì si attenuerebbe il tentativo di insegnamento poiché si tende a non considerare valido quello che viene raccontato in un romanzo. Credo che vada corretta la visione del sesso su un altro piano per attenuare il peso del retaggio culturale che ci portiamo dietro.

Perché non introdurre l’educazione sessuale nel percorso scolastico? I ragazzi sarebbero più informati sui vari metodi anticoncezionali e sulle malattie sessualmente trasmissibili. In più sarebbe un inizio per rompere quel muro che si crea tra adulti e adolescenti riguardo a questo argomento. Credo che con un approccio diverso molti tabù sparirebbero da soli.

L&B: Gli scrittori oggi vivono una sorta di sovra esposizione: reading, interviste su youtube, passaggi televisivi, un blog personale, una pagina facebook. Non c’è più spazio per lo scrittore isolato nel bugigattolo, che può permettersi il lusso di viaggiare in incognito e di tenere per sé la propria vita privata?
R.R.: Dipende dalle scelte di ogni scrittore. Ci sono quelli che si espongono su più livelli e quelli che non riconosceresti nemmeno se fossero seduti vicino a te in treno. La maggior parte appartiene alla seconda categoria.

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