L’eredità dell’abate nero di Marcello Simoni, recensione

Marcello Simoni è una garanzia se si vuole leggere un romanzo storico appassionante e condito da quel pizzico di mistero che non guasta mai. E con “L’eredità dell’abate nero” la penna magica dello scrittore si riscopre in piena potenza.

Non tutti i libri di Marcello Simoni sono appassionanti ed intriganti al 100%: va ammesso che in qualche caso un po’ i “ ripetizione” concettuale e notabile. Questo non significa che l’autore non sia talentuoso o che le sue storie siano noiose, è importante sottolinearlo. Nel caso di “L’eredità dell’abate nero” senza dubbio lo scrittore riesce a conquistare dando, come sempre, uno spaccato perfetto dell’Italia nel 1400, persa nel suo Medioevo che tenta di tramutarsi in Rinascimento e con una difficoltà classica dei suoi protagonisti di abbandonare una vita di stenti per raggiungere finalmente la pace.

In questo caso la storia chiama in causa un ladro testimone di un grave omicidio: il banchiere Giannotto Bruni viene infatti ammazzato barbaramente e Tigrinus è l’unico ad aver visto come si è realmente andata. Dov’è il fulcro della storia? Nell’incapacità ho nell’astuccio dei parenti del morto di pretendere la testa è l’unico testimone e del patto dello stesso con Cosimo de’ Medici per avere salva la vita. Sopravvivere per l’ex ladro non è facile visto che gli viene richiesto di provare la sua innocenza e che per farlo dovrà avere a che fare con la misteriosa figura dell’abate nero e con il passato. Senza anticipare di più, è possibile dire che lo stile di Marcello Simoni è una costante, grazie al cielo che non delude mai e che la storia, sebbene con i suoi pregi e difetti rende valida la lettura del romanzo.

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