David Albahari - L'esca

L’esca di David Albahari, recensione

David Albahari - L'escaL’esca è un romanzo breve ma intenso, il cui protagonista, aspirante scrittore serbo emigrato in Canada, decide di riascoltare la storia della sua famiglia e della guerra incisa da sua madre, dapprima riluttante, su di un magnetofono.

Riprendere i nastri, significa non solo ricordare la storia dei suoi genitori, ma anche dei giorni in cui, tornato dal Canada, lui stesso si accingeva a ricomporre la propria storia personale.

I momenti passati con sua madre, i suoi tentativi di farla sentire a proprio agio davanti al microfono, le loro frammentarie conversazioni a ridosso della narrazione, tutto si compone sotto i nostri occhi con pennellate precise ed efficaci.

Il romanzo, tuttavia, è ben più di questo perché ci offre diversi piani di lettura: seguiamo infatti la storia di una donna serba che si converte all’ebraismo, ma che poi per salvare i propri figli dall’olocausto insegnerà loro il segno di croce; seguiamo la storia dello scrittore, che allontanatosi dalla sua patria si ritrova senza lingua madre e cerca di ricostruire la propria identità proprio a partire dai racconti materni; seguiamo le sue conversazioni canadesi con un altro scrittore, che compone di capitolo in capitolo una sorta di mini manuale di scrittura creativa.

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Jenny Erpenbeck

Di passaggio, di Jenny Erpenbeck

Jenny ErpenbeckSono talmente abituata a leggere libri di autori quarantenni che sono in realtà esordienti e che devono ancora lavorare molto per raggiungere una piena maturità narrativa, che quando ho cominciato a leggere Di passaggio, di Jenny Erpenbeck, mi son detta che forse avevo letto male e che la scrittrice doveva essere sicuramente oltre i cinquanta.

La Erpenbeck è invece una scrittrice berlinese del 1967 e ha dalla sua una capacità affabulatoria notevole. Nel suo romanzo si compongono sostanzialmente undici storie di undici famiglie, punteggiate da una sola presenza costante, quella del giardiniere. Ogni racconto porta con sé una sua specificità narrativa, che affonda le radici nella tradizione orale, nel racconto più moderno, in quello storico.

Siamo di fronte ad una scrittura, come dire, di un certo peso, competente, curata, limata, eppure in grado di affascinarci allo stesso modo di un racconto più semplice.

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copertina via pola

Via Pola di Dragan Velikić

copertina via polaLa finestra russa di Dragan Velikić non mi era piaciuto molto. Lo avevo trovato davvero di difficile lettura. Ci sono alcuni autori che mi fanno questo strano effetto: mi colpiscono per una serie di frasi o per l’intuizione di fondo che hanno avuto e narrato nel loro romanzo, ma non riesco ad andarci d’accordo.

Ho ceduto però ai consigli di un lettore che aveva amato il precedente romanzo di Velikić, Via Pola appunto e mi sono impegnata a leggerlo. Devo confermare che per me Velikić è faticoso, ma stavolta l’ho amato di più. Via Pola ha infatti il fascino del mistero, dei sogni, della complessità e della crudezza.

Ora, se volete comprendere meglio la letteratura balcanica e i temi stessi di Via Pola, potrete affidarvi alla competente prefazione che ne fa Claudio Magris. Per quanto mi riguarda, posso dirvi che potete avvicinarvi a questo tomo con due diversi atteggiamenti. Il primo: studiate un po’ di storia e letteratura balcanica e leggete accuratamente la prefazione.

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copertina finestra russa

La finestra russa di Dragan Velikić

copertina finestra russaUn romanzo decisamente particolare, La finestra russa. Se devo essere sincera, non ho ancora ben capito se mi piace o meno. Da un lato infatti sono affascinata dalla storia di Rudi, dai salti spazio-temporali che Velikić compie, dal suo modo di narrare l’eros, l’amore o le passioni in generale, compresa quella per il teatro e per la scrittura.

D’altra parte, questo scrittore serbo, di fama ormai internazionale, ha una grande attenzione per il dettaglio. A volte il suo protagonista, che si descrive come uno che ama registrare e catalogare tutto, ci precipita in una narrazione strapiena di particolari (è qui che, lo ammetto, faccio fatica a proseguire).

In altri momenti, invece, quando Dragan Velikić ci mette in contatto con le passioni di Rudi, che si tratti di donne, tante, o di arte o della paura di perdere il controllo sulla sua vita, lo trovo molto più affascinante.

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copertina serbia hardcore

Serbia Hardcore: l’imperdibile diario di Dusan Veličković

copertina serbia hardcoreBelgrado. Nei Balcani c’è la guerra. Dusan Veličković, come molti altri, comincia con il tenere un diario.

Mette insieme appunti di vario genere, ma mano che la realtà intorno a lui cambia e registra i pensieri e gli umori propri, ma anche di chi gli sta intorno. Non pensate però che abbia realizzato una sorta di deprimente diario di guerra.

Gli appunti di Veličković sono pieni di aneddoti, di avventure, di dettagli spesso ironici quando non comici. Come un collage fotografico, ci consentono di farci un’idea del clima, dell’atmosfera di Belgrado.

I suoi commenti sanno però anche esseri amari e feroci, come quando racconta del giornalista italiano che lo raggiunge per poter scrivere un reportage e che vive di cliché sulla guerra.

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Buona e cattiva letteratura

enciclopedia letteratura

Sto leggendo Serbia Hardcore, di Dušan Veličković (1947), giornalista, scrittore ed editore serbo, pubblicato in Italia da Zandonai. E’ una raccolta di appunti scritti durante la guerra e ve ne parlerò dettagliatamente in una recensione. Oggi invece vi riporto una sua nota, scritta a proposito della buona e cattiva letteratura.

Secondo Veličković la cattiva letteratura è inevitabile e non è un male, perché alla fin fine stimola la buona letteratura. Ciò che trovo interessante è che Veličković considera la dinamica cattiva/buona letteratura come legata ai problemi della guerra (del regime, della censura, degli intellettuali minacciati). Il che mi fa venire in mente la considerazione di una mia amica lettrice.

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cirkus columbia copertina zandonai

Cirkus Columbia di Ivica Djikić

cirkus columbia copertina zandonaiDopo aver letto Cirkus Columbia, mi è subito venuta voglia di andare a scoprire se Ivica Djikić ha scritto qualcos’altro.

Sono una lettrice vorace, ma difficilmente mi lego ad un autore. Questione di gusti personali, naturalmente, ma davvero pochi riescono a conquistarmi.

In Ivica Djikić ho trovato la capacità, niente affatto comune, di raccontare con un tono leggero, ma mai irriverente, anche le storie più difficili.

Il suo Cirkus, il vorticare di tante piccole storie, di singole persone, dei loro sentimenti, della loro vita e della loro morte, è impeccabile: tutto tiene in questo romanzo breve ma davvero impegnativo.

Chiariamoci: non impegnativo in quanto a stile, visto che il suo autore mescola sapientemente un’ottima capacità narrativa, una profondità d’analisi e un linguaggio accessibile.

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copertina fino all'ultimo respiro

Fino all’ultimo respiro di Rade Šerbedžija

copertina fino all'ultimo respiroBen presto, per il popolo dei giovanissimi, Rade Šerbedžija non sarà altri se non Gregorovich, il produttore di bacchette che compare nell’ultimo film di Harry Potter. Un bene, secondo me, perché diverrà familiare anche per loro il volto di uno dei migliori attori teatrali e cinematografici degli ultimi anni. Noi italiani lo abbiamo conosciuto soprattutto per Prima della pioggia, Ilaria Alpi-Il più crudele dei giorni e Eyes Wide Shut.

Rade Šerbedžija è però anche poeta e scrittore e devo ammettere, non avendo mai fatto ricerche particolari su di lui, che non lo sapevo. Ho aperto perciò con molta curiosità la sua autobiografia, pubblicata dall’interessantissima casa editrice Zandonai.

Fino all’ultimo respiro è un libro molto articolato e complesso (non complicato). Šerbedžija sembra aver vissuto molte vite e in molti mondi. In effetti ha viaggiato in Europa, America, Australia. Ha recitato a teatro, a cinema, in serie televisive. Tra i suoi più cari amici, per dirne una, c’è Vanessa Redgrave e ha conosciuto l’irascibile Kubrick quando girò con lui Eyes Wide Shut.

Naturalmente, ha vissuto la guerra dell’ex Jugoslavia. Lui, di origine serba, che non si è mai sentito altro se non jugoslavo si è ritrovato straniero in patria, frainteso e allo stesso tempo calunniato dalle due fazioni, minacciato di morte e osannato. Le pagine in cui racconta il conflitto sono davvero dolorose e coinvolgenti. Ci costringono a ripensare a quegli avvenimenti in modo personale e non da spettatori del telegiornale.

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