Il sogno del villaggio dei Ding, di Yan Lianke

sogno villaggio dingE’ la seconda volta che leggo un romanzo sui venditori di sangue cinesi. Il primo, alcuni anni fa, è stato Cronache di un venditore di sangue di Yu Hua, che mi aveva sconvolto. Da allora ho letto sempre con interesse e devo dire con un certo dolore romanzi e saggi che raccontano della vita dopo la Rivoluzione Culturale.

Ecco perché mi ha incuriosito anche Il sogno del villaggio dei Ding, edito da una casa editrice che apprezzo ormai da mesi, la nottetempo. Come in buona parte dei villaggi cinesi, anche in questo la povertà è estrema. Quando dall’alto arriva l’ordine di donare il sangue, però, tutti si rifiutano. Finché non viene organizzata una gita, in una città vicina.

Sorpresi dalle nuove costruzioni, dai bagni in casa, dall’abbondanza di cibo, dal fatto che chi dona il sangue, uomini e donne, sembrano stare tutti i bene, anche gli abitanti del villaggio si convincono a fare la loro parte. Donare sangue non li priverà della loro forza, anzi regalerà loro qualcosa in più.

L’Aids, la febbre, comincia a manifestarsi qualche tempo dopo. Falcia tutti, democraticamente, inspiegabilmente. Tra sensi di colpa, vendette, furti, nuovi amori, la vita del villaggio lentamente procede verso la morte, accompagnata, in parallelo, dalla siccità e dalla morte del mondo circostante.

Il villaggio dei Ding è un libro doloroso e poetico al tempo stesso. Gli occhi attraverso cui vediamo la sua storia sono quelli di un ragazzino, morto avvelenato, e di suo nonno. Il giovane ci parla del vecchio e i sogni e i ricordi del vecchio intessono la storia del villaggio.

Se fossi un insegnante delle superiori, lo farei leggere ai miei ragazzi, come ora lo consiglierò agli amici. Perché il pregio di questo scrittore, Yan Lianke, non è solo di averci raccontato una parte della storia cinese attraverso il microcosmo del villaggio. Lianke ci racconta anche dell’uomo, delle sue piccolezze e dei suoi gesti grandi e lo fa con un tono leggero.

Il peso della storia, però, nonostante il tono lirico, i continui parallelismi con la natura, alcune situazioni tragicomiche e le storie d’amore, lo sentiamo tutti. Il tributo di sangue è stato pagato dalla gente alla Rivoluzione Culturale in tanti modi diversi. Ed è impossibile non comprenderlo arrivati alla fine del romanzo. Che si conclude con una postfazione dell’autore, che mi ha scossa tanto quanto la storia da lui raccontata.

“Li Sanren, non hai neanche il coraggio di vendere il tuo sangue, che uomo sei? Con la disgrazia di ritrovarsi te come capovillaggio, non c’è da meravigliarsi che in tutti questi anni il Villaggio dei Ding sia rimasto talmente povero che le donne non possono neanche permettersi di comprare un po’ di carta igienica quando hanno le loro cose. È tutta colpa tua, e il fatto è che sei un uomo senza coglioni, non hai neanche il coraggio di venderti un flacone di sangue! Che dico un flacone, neanche mezzo flacone ce la faresti a vendere, neanche una goccia! E se non hai le palle per fare questo, di’ un po’, che razza di uomo sei?”.

Autore: Yan Lianke
Titolo: Il sogno del villaggio dei Ding
Traduzione: Lucia Regola
Editore: Nottetempo
Anno: 2011
Pagine: 456
Prezzo: € 20,00

ISBN 978-88-7452-319-1

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