Scilipoti, il suo libro un caso di marketing “inverso”

Il libro del politico Domenico Scilipoti è da poco uscito nelle librerie. E se le vendite non dovessero risultare eccessive, di certo non si può dire lo stesso della promozione involontaria, una sorta di “marketing inverso” che ogni suo detrattore gli assicura ogni giorno con diverse tipologie di iniziative. Il libro “Scilipoti, re dei peones. Perché Berlusconi” è edito da Falzea, ed è accompagnato da una prefazione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

In un tratto della stessa si può leggere:

E’ un sasso gettato nello stagno dell’ipocrisia politica, oggi alimentata da quell’egemonia culturale della Sinistra, che non cambia mai i suoi metodi e si culla nell’illusione di una sua pretesa superiorità etica.

Essenzialmente,  a prescindere dalla prefazione, si tratta di un tomo che l’ex parlamentare IDV scrive per spiegare la scelta intrapresa di aprire questo “tavolo” dei responsabili di sostegno al governo, e che gli è valso in più occasioni, la conquista dell’identificazione da parte della popolazione dello stesso in un simbolo del trasformismo.

Tralasciando polemiche dallo strascico politico è interessante come questo libro sia diventato un caso non grazie ai contenuti, spesso non recensiti in maniera positiva, quanto per il tam tam mediato creatosi attorno alla figura dell’autore. Ecco quindi che su Twitter si catena la guerra. E non si può non notare come la rete reagisca in maniera molto forte, ironica e cattiva.

Ecco quinci che c’è chi spiega:

Meno male,avevo bisogno di materiale sulla mia tesi “perché i manicomi erano utili”.

Ed ancora, virando sullo scolastico e la necessità di un certo impegno in materia:

Giuro che se non passo il prossimo esame mi autocondanno a leggerlo sotto l’ombrellone.

Le boutade attorno al libro sono molte: c’è chi lo userebbe come “carta igienica”, o chi suggerisce un uso commerciale per incartare la spesa o sistemare una gamba del tavolo. Non avendo letto il libro non posso entrare nel merito dello stesso, ma è evidente come in questo caso a “tirare”, seppur negativamente, non sia il contenuto stesso del libro, quanto un suo ipotetico contenuto.

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