Recensione de La casa dei sette ponti, Mauro Corona

Leggere un’opera di Mauro Corona è un po’ come tornare bambini e aprire un libro di favole: nei suoi romanzi il mondo narrato, spesso un’ambientazione naturale, sembra essere avvolto da una coltre fatata di eventi e personaggi misteriosi, mentre i protagonisti, umani o animali, condividono gli stessi spazi in un conflitto, o un matrimonio, che rende il mondo narrato l’unica dimensione possibile. Il romanzo La casa dei sette ponti , l’ultima opera dello scrittore friulano, è la storia della redenzione di un uomo comune, il proprietario di un’azienda in crisi che ha dedicato ogni singolo minuto della sua vita al lavoro e al sucesso dimenticando la famiglia e l’amore per i propri cari.

Il protagonista ci appare come un uomo stanco e frustrato, un essere umano incattivito e in pericolo, uno Scrooge alla ricerca del suo fantasma di Natale. La salvezza, inattesa anche per il lettore, si nasconderà dentro a una casa speciale, una modesta dimora nascosta tra gli alberi di un bosco poco lontano dalla città; una dimensione unica che catturerà l’attenzione dell’uomo e che gli svelerà la via verso una nuova esistenza, finalmente più vicina agli uomini e lontana dal rumore diabolico degli ingranaggi della sua azienda.

Il romanzo ha seguito la pubblicazione di Come sasso nella corrente (Arnoldo Mondadori Editore, 2011), La ballata della donna ertana (Arnoldo Mondadori Editore, 2011) e La fine del mondo storto (Arnoldo Mondadori Editore, 2010), l’opera che si è aggiudicata il Premio Bancarella 2011 e che aveva colpito anche il nostro team.

La casa dei sette ponti non è il primo romanzo che ho il piacere di leggere: la scrittura di Mauro Corona è uno stile che affascina e che catapulta il lettore in un mondo immaginario dove la natura trova finalmente la sua voce e dove è permesso di dimenticare il mondo esterno, i loro personaggi e il ritmo incessante dei doveri. Incantevole.

Lascia un commento