Nuovo dizionario delle cose perdute di Francesco Guccini, recensione

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E’ il primo libro di Francesco Guccini che mi sono spinta a leggere “Nuovo dizionario delle cose perdute” ed ad essere sinceri mi chiedo perché non abbia deciso di spingermi prima lungo la sua carriera di scrittore. Cantante, attore e autore di poesie e prosa: il talento di questo uomo è poliedrico. Ed ora che l’ho finalmente letto ne comprendo le reali potenzialità.

Per me che non ho letto il “Primo dizionario delle cose perdute” questo volume è stato una piacevole scoperta perché la narrazione è stata gestita in maniera grandiosa. E’ un viaggio nostalgico, questo va ammesso senza remore perché pagina dopo pagina è l’impressione che più si ha. Perché per molti di noi tante cose che ora sembrano obsolete davanti a ciò che uno smartphone o una applicazione sanno fare erano l’unica realtà conosciuta. Un esempio tra tutte? Le cartoline. Sono ancora diffuse, ovvio. E fa piacere ancora a tutti riceverle, anche ai più piccoli, ma è un dato di fatto che si fa prima ora  a fare una foto a mandarla con whatsapp ed ad aggiungerci un pensiero accanto.

Il libro di Francesco Guccini, anche parlando di quei cibi che erano senza scadenza e “nessuno ci si sentiva male” ci riporta in pratica in un mondo che pur essendo ancora presente sotto l’epidermide dell’esistenza, sulla superficie non compare più portandoci effettivamente a chiederci: ma stiamo meglio adesso o stavamo meglio prima? Un libro altamente consigliato.

Vi lascio con la sinossi:

Da quando è uscito il primo Dizionario delle cose perdute, Francesco Guccini non può fare un passo, per strada, senza che qualcuno lo fermi per suggerirgli con entusiasmo e commozione qualche oggetto “del tempo andato” che merita di essere ripescato dal veloce oblio dei nostri anni e celebrato dalla sua penna. Dall’idrolitina ai calendarietti profumati dei barbieri, dal temibile gioco del Traforo alle cabine telefoniche, dal deflettore all’autoradio passando per i “luoghi comodi” e i vespasiani, le letterine di Natale piene di buoni propositi da mettere sotto il piatto del babbo, le osterie (quelle vere, senza la H davanti per darsi un tono) e molto altro, Guccini torna a scavare nel passato che ha vissuto in prima persona per riportarcelo intatto e pieno di sapore. E con questo suo catalogo delle cose perdute dà vita a un personalissimo genere letterario nel quale l’estro del cantautore – capace di condensare in poche strofe un universo intero di emozioni -, la sua passione storica e filologica e la sua vena poetica trovano sintesi piena: regalandoci pagine in cui ogni oggetto, ogni situazione, suscita intorno a sé un intero mondo, sempre illuminato dalla luce di un¿insuperabile ironia.

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