L’ultima riga delle favole di Massimo Gramellini, recensione

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L’ultima riga delle favole, di Massimo Gramellini, è un libro che ci ha lasciato con un gusto agrodolce in bocca. Ma non perché avremmo voluto che che il suo messaggio fosse differente da quello che poi si è rivelato essere, ma semplicemente perché da uno scrittore come lui ci saremmo aspettati di più e meglio.

Lungi da noi basarci solo su “L’ultima riga delle favole” per stravolgere quella che pensiamo essere ( ed a buona ragione) l’ottima reputazione di Massimo Gramellini in campo autoriale. Lo abbiamo potuto notare anche attraverso le vendite di “Fai bei sogni“: lo scrittore in molti casi è sinonimo di qualità, qualsiasi sia il materiale sul quale sta lavorando.  Eppure su una storia dalle mille potenzialità come quella di questo libro, sembra quasi perdersi per strada, non riuscire a trovare quello che è il suo tipico smalto. Ed ad essere sinceri ho trovato molto triste questo fatto. Quando si ha una tematica buon da affrontare, il non riuscire a farlo… non è poi così accettabile, soprattutto se appare palese che non si sia…provato abbastanza.  O almeno è quella la sensazione.

E’ come se dovessimo avere due chiavi di lettura per apprezzare questo libro ed affidarci a quella più superficiale. Perchè è palese che sia scritto con un ottimo stile e che in fin dei conti, se ci piace davvero la favoletta, questo basta e avanza. Il problema è che se si vogliono affrontare temi come la perdita, l’amore, l’anima gemella, e farlo con quella che teoricamente si denota una connotazione quasi filosofica, non si può buttare tutto alle ortiche dopo qualche pagina. E’ una sensazione amara, agrodolce: chiamatela come volete. Rimane il fatto che questo libro poteva dare molto di più ed invece non ha lasciato quasi nulla, nonostante le premesse che una storia come quella di Tomas, il protagonista, portava inizialmente con sè. Davvero un peccato.

 

 

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