Le otto montagne di Paolo Cognetti, recensione

Le otto montagne di Paolo Cognetti non è solo il titolo vincitore dell’ultimo Premio Strega, ma anche un romanzo che alla fine, per quanto inizialmente possa non apparire entusiasmante, riesce comunque a conquistare il lettore.

Va detto, la colpa nella maggior parte dei casi deve essere data al frontespizio ed alla sinossi del romanzo: la prima impressione che si ha infatti è quella di trovarsi davanti alla solita storia trita e ritrita di amicizia lunga di una vita caratterizzata dalla passione per la montagna dei genitori di uno dei ragazzi coinvolti. In realtà questo libro è in grado di toccare delle corde che non tutti tomi di narrativa sono in grado di gestire, soprattutto quando provengono da un concorso del genere. Sia ben chiaro, con queste parole non si vuole dire che i vincitori del Premio Strega solitamente sono dei libri non adatti ad essere letti ed apprezzati, ma di sicuro hanno un carico spesso troppo volte pesante per il lettore che li rende un po’ “antipatici” da leggere. Uno dei punti di forza de Le otto montagne di Paolo Cognetti è il fatto che sia dotato di uno stile scorrevole è semplice da leggere e che pur essendo la prosa carica di dettagli difficilmente risulta pesante.

Per ciò che riguarda la storia nello specifico, pure iniziando il romanzo con un racconto che potrà sembrare più scontato, è palese come la montagna e l’amore per la stessa siano in qualche modo un filo conduttore per tutta quanta la vita di ogni protagonista e l’amicizia tra Pietro e Bruno è una di quelle che si congela l’inverno e che cresce d’estate ma che non smette mai di andare avanti, portando i due ragazzi su percorsi specifici nella loro maturità rendendo questo romanzo degno di essere letto.

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